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Guasila

Numerose tracce di insediamenti prenuragici e nuragici confermano la presenza in loco di popolazioni da oltre quattromila anni. Con le domus de janas di Rio sa Mela e Is Concas, e le Tombe dei Giganti di Sa Màndara, sono numerosi i siti nuragici sparsi qua e là nel territorio, alcuni dei quali degni di nota.

Le domus de janas di Rio sa Mela (o Santuanni), ricordate come is gruttas, sono state oggetto di scavi dall’inizio degli anni Ottanta. Di semplice fattura, queste grotticelle funerarie sono formate da un’unica piccola e tondeggiante cella o camera, a cui si accede attraverso un atrio ancora intatto. Le dimensioni e la presenza in esse di un unico scavo fanno pensare che dovesse ospitare un solo defunto. In uno dei pilastri presenti all’ingresso nella cella  è osservabile una protome taurina. Più ampie, ma anche più danneggiate, le grotticelle di Is Concas. Non lontano da Rio sa Mela, in regione Sa Màndara, sono osservabili le Tombe dei Giganti, alquanto danneggiate (sono prive dell’emiciclo frontale), anch’esse fatte oggetto di scavi negli stessi anni.

Tra i nuraghi, di cui sono stati contati oltre quaranta siti, quelli di Barru, Sioccu, Corrògas, Nuraddei e Scrichiòi meriterebbero interventi per una loro riscoperta, che non è improbabile che essi siano custodi di elementi architettonici e di arredo di grande importanza. Il nuraghe di Barru, localmente detto Su Nuncu de Barru, è situato lungo il confine tra Guasila e Guamaggiore: un nuraghe complesso, cotituito da una torre centrale collegata attraverso un cortile intermedio e corridoi a due altre torri. In loco sono stati rinvenuti frammenti di ceramiche di età preistorica. Non meno importante il nuraghe di Sioccu, Sa domu ‘e s’orcu, situato al confine tra Guasila, Ortacesus e Pimentel: di questo si conserva la torre centrale, privata della cupola, e numerosi massi sparsi attorno.

Non mancano tracce del periodo punico e di quello romano. Monete d’argento, unguentari fittili e lucerne, nonché tombe e insediamenti testimoniano della presenza romana nel territorio guasilese. Del periodo bizantino rimangono tracce onomastiche in località Santa Suìa e Santa Nastasìa e, soprattutto, il rituale della Dormitio Virginis, che viene riproposto ancora oggi in occasione della festa patronale di Santa Maria de Austu (15 agosto). Altre tradizioni a sfondo religioso e molti vocaboli della variante linguistica locale rimandano invece al periodo spagnolo.

Il cuore dell’abitato risale al Basso Medioevo, quando cominciarono a definirsi le villae di cui la Trexenta abbondava, e di cui Guasila costituiva il centro più popoloso. Le vicende storiche, dal periodo medievale in poi, sono comuni a quelle degli altri paesi trexentesi, i quali contribuivano con i loro redditi a raggiungere la rendita pattuita tra la curatoria e Pisa. Nel XV secolo si registra uno spopolamento dei piccoli centri, di cui rimangono tracce nella toponomastica, e la cui popolazione confluì nei centri maggiori, tra cui Guasila.

Il paese ha sempre avuto un aspetto rurale, in cui le case dei contadini hanno formato e formano il tessuto più importante del centro abitato. Al villaggio antico, dal XIX secolo, è seguito uno sviluppo urbanistico e architettonico di rilievo, con la realizzazione di alcuni monumenti di notevole pregio artistico, che si aggiunsero alla già esistente chiesetta di Santa Lucia (1500), all’Oratorio del Rosario (1704) e al Monte Granatico (1761). Nel 1812 venne completato il palazzo  rettorale, fatto costruire dall’allora rettore Joseph Bardi: l’imponente costruzione si erge nel punto più alto della collina, di fianco alla chiesa parrocchiale, e consta di numerosi ambienti, compresi i cortili interni, in forte contrasto con le piccole e povere costruzioni familiari.

Tra il 1842 e il 1852 venne costruita la monumentale chiesa parrocchiale, progettata dall’architetto cagliaritano Gaetano Cima. La costruzione è dedicata alla Vergine Assunta, patrona del paese. Il monumento, di stile neoclassico, sul modello del Pantheon di Roma, è costituito da un corpo centrale  cupolato di ispirazione palladiana. Sulla facciata si apre un pronao con sei colonne doriche che dominano un’ampia gradinata, cui si accede dalla piazza principale del paese. Nel 2002, in ocasione del 150esimo della sua costruzione, è stata insignita del titolo di Santuario Mariano dall’arcivescovo cagliaritano Otorino Alberti.

Nel 1857 venne costruito il palazzo municipale, che ospitò anche gli uffici della pretura circondariale e le carceri, e nel 1881 il palazzotto della scuola elementare, oggi adibito a municipio. Numerose chiese filiali sorgevano nella periferia del centro abitato. Tra queste, di particolare importanza la chiesetta in stile romanico della Vergine d’Itria (sec, XIII), sita in località Bangiu, unica superstite di un centro abitato denominato Bangiu de Arili, scomparso pare nel Seicento durante una gravissima pestilenza che decimò i villaggi trexentesi.

Quando si apriva il XX secolo Guasila era capoluogo di mandamento, comprendente i comuni di Guamaggiore, Ortacesus, Pimentel e Barrali, e occupava in Trexenta una centralità conferitale dalla presenza delle pretura circondariale, delle carceri, dagli uffici dell’esattoria, dalla farmacia e da un’economia agro-pastorale fiorente, che la caratterizza tutt’oggi.

Le usanze della popolazione guasilese non si discostano da quelle della rimanente popolazione trexentese, in tutte le manifestazioni del vivere quotidiano, delle attività lavorative e della pratica religiosa. In aggiunta a queste, si pratica la caccia alla giovenca, detta “S’acchixedda”. Una manifestazione di antichissima data, che si svolge all’alba del 14 agosto, vigilia della festa patronale di Santa Maria, di cui apre i festeggiamenti. Si manifesta come relitto folclorico di un’usanza precristiana, facente parte dei rituali delle comunità contadine, sulla tipologia dei riti di passaggio. Infatti la caccia alla giovenca è riservata agli scapoli del paese e colui che riuscirà a catturarla potrà “passare” alla società degli adulti e formare la propria famiglia. Con l’arrivo del cattolicesimo la manifestazione diviene un rituale che richiama l’esorcismo, la cacciata degli spiriti malvagi.

 

Fonte: M. Brigaglia , S. Tola, Dizionario storico-geografico dei Comuni della Sardegna 2, Carlo Delfino Editore, 2006.

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